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Ricerca12/02/20220

Icse & Co all’evento “Migrazioni al femminile tra passato e futuro”

Una giornata intensa e interessante quella del 28 novembre, promossa da FAI CISL e Rivista Confronti, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Albania in Italia, a cui ha partecipato Aferdite, la Presidente di ICSE & Co. 

L’evento “Migrazioni al femminile tra passato e futuro” organizzato per promuovere il libro “Donne d’Albania in Italia: riflessioni, testimonianze, emozioni” ha sollecitato riflessioni e analisi sulle migrazioni e imprenditoria straniera e italiana.

L’intervento della nostra Presidente si è soffermato sul quadro dell’imprenditoria femminile albanese in Italia, la quale pare che si porti addosso le ombre della cultura di origine, che pone la famiglia al primo posto, che le causa limiti al proprio senso di libera iniziativa e intraprendenza.  

Già, di per sé, i dati ci presentano un’Italia con una presenza e intraprendenza femminile italiana alle attività economiche di circa 18 punti percentuali meno rispetto all’intraprendenza maschile, ossia 56% contro il 75%. 

Pertanto, tra le oltre 6 milioni di imprese in Italia nel 2020, 1 milione e 300 mila sono quelle femminili, ossia il 22% del totale – e di queste 145mila sono quelle straniere, ossia il 24%. Dunque, l’attivismo imprenditoriale delle donne straniere si presenta con un’incidenza leggermente maggiore in Italia rispetto a quelle autoctone del 2%. 

Dall’altra parte mancanze in termini di pari opportunità sono evidenti nel caso delle donne albanese nelle attività economiche. 

Innanzitutto, bisogna ricordare che abbiamo una quasi parità di presenza maschile e femminile in Italia, con una leggera maggioranza maschile 51%, rispetto ai 49% albanesi. In questo scenario all’inizio 2020, le imprese condotte da nati in Albania e residenti in Italia era di circa 34000 unità, di queste solo 3.700 sono le imprese femminili albanesi in Italia ossia circa 11%. 

(impressionante invece l’aumento nel 2022, ossia oltre 1000 unità, che segna 46000 unità il numero degli imprenditori albanesi in Italia, +34%- che tuttavia sarà occasione di altre analisi)

Detto in parole macro, sembra che le donne albanesi siano molto più indietro nell’intraprendenza imprenditoriale rispetto alle compagne straniere, di addirittura la metà in termini percentuali. 

Questo evidentemente ha una sua interpretazione che è stato anche il fulcro dell’analisi come si seguito. Innanzitutto, i fattori sono in grande parte dovuti al contesto socioculturale familiare con cui si presenta l’imprenditoria femminile albanese. 

Di fatto l’imprenditoria femminile albanese ha una concertazione settoriale che ricalca quella degli uomini, e dunque maggiormente concentrate nel settore delle costruzioni. Questo fa capire che la posizione della donna sia per la più quella di compire in qualche modo le crepe lasciate dagli uomini, e sostituirli nella guida aziendale, più per necessità che autonoma volontà. 

Nel mito di “Rozafa”, donna eccelsa che si mette al servizio di tutta la famiglia accettando di essere murata viva pur di permettere le costruzioni del castello di Scutari che altrimenti – per magia ciò che si costruiva di giorno si distruggeva di notte. Pertanto, la cultura di provenienza della donna albanese incide nel percorso personale per la ricerca dell’indipendenza economica, in quanto ogni malfunzionamento, crepa e infiltrazione poggia ancora sulle spalle della donna, la quale accetta senza molta reticenza la propria posizione al fine di un bene più grande, quelle del benessere dell’intera famiglia. 

Tra le invitate anche Caterina Zuccaro che ha parlato delle migrazioni arbëreshe di secoli fa, per poi proseguire con i preziosi contributi in tema di lingua da Majlinda Bregasi, da Albana Temali con il suo intervento sulla condizione del migrante. A concludere l’intervento di Amrilda Dhrami con tanti interrogativi sul futuro, su cittadinanza, donne migranti e identità.

Un ringraziamento speciale ai curatori del libro Rando Devole e Claudio Paravati per l’intuizione di fare questo secondo volume di Donne d’Albania in Italia che non si esaurisce con la pubblicazione del libro, ma diventa un’occasione unica di fare rete e conoscere donne 

 

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